Un’esplosione sorda, travolgente nella potenza quanto inavvertita da chi non ne è direttamente coinvolto: mentre si rincorrono le voci di una possibile quotazione, Snapchat guadagna il titolo di app più scaricata nel 2016 nell’Apple Store Usa e prende un nuovo slancio con la vendita di Spectacles. Un successo passato a lungo inosservato, e che tutt’ora avviene all’interno di una zona grigia quasi inaccessibile allo sguardo di genitori, insegnanti ed educatori dei più giovani.
L’isola che non c’è? Esiste, e si chiama Snapchat: la app più scaricata del 2016 dall’Apple Store Usa, con oltre 150 milioni di utenti attivi e 366 milioni di ricavi da pubblicità, spopola tra adolescenti e giovanissimi e fa ben sperare gli investitori con la promessa di un’Ipo nel 2017, la più importante nel settore hi-tech dopo quella di Alibaba.
Chiamarlo social network o app di messaggistica
appare oggi quantomeno riduttivo
Se la messaggistica a tempo rimane tutt’ora la funzione di maggior richiamo della app, nondimeno Snapchat ha saputo evolversi nel corso dei suoi primi cinque anni di vita, integrando una serie di funzioni e servizi tra loro fortemente disomogenei, ma funzionali ad aumentare il tempo di permanenza e il coinvolgimento di una fascia di pubblico ormai largamente sovraesposta su tutte le principali piattaforme di comunicazione digitale: quella dei Millenials.
Se Snapchat non può a rigor di logica definirsi un social media, nondimeno la qualifica di app di messaggistica istantanea appare sempre più insufficiente a descrivere le ragioni del successo di un’azienda che ha fatto dell’effimero la propria dichiarazione d’intenti.
A confronto con Snapchat, Whatsapp, Messenger e la stessa Telegram appaiono quasi obsolete nel loro essere “solo” app di messaggistica, insufficienti a colmare i momenti di vuoto tra una chat e l’altra.
Snapchat sta diventando il primo palinsesto mondiale
di contenuti creati da adolescenti per adolescenti
L’idea vincente? Quella di costruire un palinsesto di contenuti su misura degli utenti più giovani, intuendo per tempo che le metriche di misurazione del valore proprie dei social network maggiori non fossero adatte per bambini e adolescenti, non ancora in grado di sviluppare una propria strategia di posizionamento e self-brand digitale.
Tra uno snap e l’altro agli amici, l’utilizzatore medio di Snapchat può seguire infatti un evento in diretta Live tramite i contenuti pubblicati da altri utenti, oppure passare con noncuranza da una “Storia” all’altra condivisa per il breve volgere di 24 ore da un amico o da un vip, o realizzare un video di 10 secondi con i nuovissimi occhiali Spectacles (creando un contenuto che non ha nulla a che vedere con i selfie, “la vera ossessione degli snapchatter”, come ha fatto notare la brava Martina Pennisi sul Corriere).
L’assenza di “mi piace” o di altri misuratori di ricezione riduce il controllo sociale sui propri contenuti: non bisogna “piacere” a tutti, basta catturare l’attenzione di qualcuno. Se gli stessi youtuber hanno dovuto fino ad oggi fare i conti con un controllo sociale esteso alla totalità del web, non solo al proprio pubblico di giovanissimi, con Snapchat il Millenial “di successo” si ritrova a essere valutato quasi unicamente dai suoi pari, senza la mediazione o la sorveglianza di un adulto.
Su Snapchat non ci sono “Mi piace”, non sono noti i follower né il numero di visualizzazioni video o di condivisioni di un contenuto: l’unica misurazione del valore di un contenuto è temporale; ciò che non si può capire in pochi secondi non ha ragion d’essere. Per chi ha ormai compiuto la maggiore età, risulta difficile ricordare quale valore può assumere una battuta, un gesto, un sorriso, una linguaccia, un particolare volutamente fuori posto nella quotidiana, casuale costruzione della propria identità sociale.
Snapchat non è, e probabilmente non sarà mai, un’app per adulti o per vecchi: sia perché poco funzionale alla costruzione della loro identità digitale, sia perché questi ultimi solo in rari casi sono in grado di inviare e ricevere un messaggio con un tempo di decadimento così rapido. Le barriere all’ingresso per chi ha superato i vent’anni, nel caso di Snapchat, sono funzionali alla loro calcolata estromissione.
Perfino i contenuti delle testate giornalistiche nella sezione “Discover”
sono attentamente filtrati e selezionati dal team interno
In assenza di aggiornamenti o contenuti provenienti dalle proprie cerchie di amici o vip preferiti, l’utente medio di Snapchat può sempre leggere le notizie pubblicate da Mtv, Vice, Buzzfeed, Cosmopolitan – in stretta collaborazione con il team di Snapchat – nella sezione “Discover” dell’app: notizie prive di link esterni di approfondimento, costruite su misura per quei Millenials che non leggono giornali né guardano i telegiornali.
Integrando in un unico ambiente format così diversi tra loro (la messaggistica, il live, il diario temporaneo, le notizie, i video), Snapchat ha saputo creare il primo palinsesto mondiale al mondo di contenuti per adolescenti creati dagli adolescenti stessi, o da chi ne condivide le abitudini più consumistiche: in questo senso, le aziende più a rischio sono proprio quelle che Snapchat ha astutamente preso a bordo per prime, quelle aziende editoriali come Vice o Mtv rivolte principalmente a un pubblico di teenager.
I numeri, seppur elevatissimi, non rendono conto
di quello che è l’effettivo contenuto delle conversazioni
Che cosa condividono i nostri ragazzi su Snapchat? Qual è il contenuto delle loro conversazioni? Che cosa c’è di tanto importante che non possa essere salvato da qualche parte? E che destino attende quelli che si comportano da buffoni, che inviano le foto sexy al morosino, che confidano troppo nelle conseguenze dell’autodistruzione? Dal punto di vista degli adulti, il “botto” planetario di Snapchat è in realtà un’esplosione sorda, tanto dirompente nella potenza quanto inavvertita nelle sue conseguenze più profonde da chi ne rimane a debita distanza.
All’interno di Snapchat si è venuta a creare un’indefinita zona grigia in cui i più giovani possono facilmente sottrarsi al controllo di genitori, insegnanti ed educatori, senza dover rispondere delle proprie azioni: l’adulto è messo nelle condizioni di non poter controllare, nemmeno a posteriori, i contenuti delle conversazioni del minorenne che ha in tutela, sia che si tratti di un insegnante con i propri studenti, sia che si tratti di una madre con la figlia o di un educatore con un ragazzo vittima di abusi.
Si sta espandendo, silenziosamente e a macchia d’olio, un’indefinita zona grigia
sottratta al controllo degli adulti e degli educatori tradizionali
In definitiva, quello che Snapchat promette di realizzare è il sogno fiabesco di un mondo su misura per bambini, una sorta di “Isola che non c’è” inaccessibile agli adulti e a tutte quelle noiose e responsabili figure genitoriali, dove è possibile fare incetta di contenuti divertenti, proibiti, volgari, senza curarsi troppo del loro effetto sul lungo periodo, dando per scontato che la memoria delle cose svanisca con la loro distruzione programmata.