“L’uomo senza proprietà” non è solo un’esplorazione delle tecnologie digitali, ma un appello perentorio a considerare le implicazioni etiche in un futuro in cui potremmo non essere più padroni né delle nostre proprietà tangibili né della nostra identità online.”
(Dalla prefazione di Anna Maria Mandalari)
“L’uomo senza proprietà. Chi possiede gli oggetti digitali?” è il mio terzo saggio dopo “Solitudini Connesse” e “Gli obsoleti”, pubblicato dalla casa editrice Egea dopo tre anni di studio, gestazione e scrittura.
Il libro, introdotto da una prefazione della professoressa dello University College di London Anna Maria Mandalari, è una riflessione su come cambia il rapporto tra le persone e gli oggetti nell’era dell’Internet delle Cose e della digitalizzazione massiva di prodotti e servizi.
La “proprietà” a cui faccio riferimento nel titolo è una parola che evoca in molte persone l’idea – ma sarebbe più corretto chiamarla aspirazione – di un controllo esclusivo sulle proprie cose, i propri dati, i propri ricordi associati ai beni di utilizzo quotidiano.
Un controllo che, tuttavia, nel caso degli oggetti connessi è tutto fuorché assoluto, o definitivo: è questa la realtà che emerge dagli episodi di cronaca da cui prende spunto il libro, si tratti di smart speaker che raccolgono dati senza essere stati attivati, elettrodomestici “intelligenti” usati per commettere abusi nei confronti di familiari o ex partner, ebook che svaniscono dalle librerie virtuali degli utenti, soldi digitali divenuti improvvisamente inutilizzabili e molti altri eventi realmente avvenuti nel corso degli ultimi anni.
A partire da una serie di esempi tratti dalla cronaca recente, quindi, “L’uomo senza proprietà” vuole offrire una panoramica quanto più possibile completa e aggiornata delle conseguenze della digitalizzazione degli oggetti sulla privacy, la sicurezza e il controllo degli stessi dal punto di vista delle persone comuni. Conseguenze difficili non tanto da comprendere di per sé, quanto complesse da prevedere e valutare nel loro insieme visto l’alto livello di pervasività che oggetti e i servizi digitali hanno raggiunto nella vita di ogni giorno.
Il libro, infine, non vuole essere l’ennesimo pamphlet o “j’accuse” contro la tecnologia, bensì analizzare il rapporto fra rischi e benefici di un modello di digitalizzazione che non contempla il pieno trasferimento dei poteri di controllo in capo al loro acquirente e utilizzatore finale. Un modello contro il quale tentano di porre un argine i nuovi regolamenti europei ma il cui impatto, con ogni probabilità, farà sentire i suoi effetti più profondi solo negli anni a venire.
Le foto dell’evento di presentazione del libro a Milano:
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