Youtubers: i fenomeni del web alla prova della televisione

Ho incominciato a interessarmi degli youtuber e dei nuovi volti dell’intrattenimento non più tardi di due anni fa, quando lavoravo come caporedattore per un sito di news dedicato al virale.

Da allora l’interesse non è mai venuto meno, sollecitato dalla sempre maggiore attenzione dei media italiani verso Lorenzo Ostuni, in arte FaviJ, il primo youtuber italiano a superare il milione e mezzo di iscritti su un solo canale, il Dottor Clapis, Leonardo Decarli, i Fancazzisti Anonimi, per citare solo i più importanti intervistati dalla mia redazione durante i “tempi d’oro” di meltybuzz.it.

L’intervista nella redazione di meltybuzz.it a Federico Clapis

Il nome ‘youtuber’ non deve ingannare

Quest’anno Youtube ha compiuto dieci anni. Fondato il 15 Febbraio 2005 da Chad Hurley, Steve  Chen, Jawed Karim, è diventato il terzo sito più visitato al mondo, con più di 1 miliardo di utenti unici al mese per 6 miliardi di ore di video visualizzate in 61 Paesi, con oltre la metà del traffico proveniente da dispositivi mobili. Lo Youtube Partner Program, creato nel 2007, conta attualmente milioni di “creators” distribuiti in 30 Paesi, che guadagnano dai loro video creativi. Youtube è infatti, ad oggi, l’unico “social media” (lo possiamo definire così dalla sua integrazione con Google Plus) a remunerare i suoi iscritti per la pubblicazione di contenuti. Questo, nonostante la massiccia diffusione dei video su Facebook (quasi tre miliardi di visualizzazioni di video per utente, secondo i dati rilasciati da Menlo Park) e l’impegno profuso dal primo social network al mondo per assicurarsi l’attenzione degli youtubers. Il nome ‘youtuber’, infatti, non deve ingannare: il giorno in cui Facebook – o un altro social – ricompenserà i suoi creatori di contenuti video, anche questo nome probabilmente finirà nel dimenticatoio.

https://www.youtube.com/watch?v=aWEh6CqMMhc

Anche Obama si è fatto intervistare dagli youtuber

La community degli youtubers ha ribaltato, in meno di dieci anni, gerarchie che sembravano eterne. Ha costretto la televisione – e, in misura minore, il cinema – a confrontarsi con modelli di spettacolo alternativi, più economici dal punto di vista delle spese di produzione, e con una capacità di diffusione e coinvolgimento degli utenti di gran lunga maggiore. Ha attirato l’interesse dei brand interessati a servirsi dei “creator” per coinvolgere un pubblico giovanile, meno disposto a subire passivamente la pubblicità rispetto alle generazioni precedenti. Anche la politica – quella che non ‘tira a campà’  – ha imparato a servirsi delle fanbase degli youtuber per catturare l’attenzione dei più giovani: lo scorso mese Obama si è fatto intervistare da Hank Green, Bethany Mota e GloZell Green, tre youtuber americani con 14 milioni di iscritti ai propri canali, per un video che ha realizzato oltre tre milioni di visualizzazioni dal 22 Gennaio 2015.

https://www.youtube.com/watch?v=GbR6iQ62v9k

Gli youtuber fuori da Youtube

Non mi interessa, in questo articolo, spendere ulteriori parole per convincere i più scettici dell’irreversibilità di questo fenomeno. Né, tantomeno, esprimere giudizi di valore sui vari youtubers italiani, che solo negli ultimi mesi hanno ricevuto un’attenzione ( da parte di giornali, televisione, manager e comunicatori sensibili alle nuove tendenze) adeguata alla massa critica dei loro fan.

Vorrei invece porre l’accento sulle difficoltà che i “creator” incontrano quando decidono di uscire dal loro ambiente naturale, Youtube, e confrontarsi con altre forme di spettacolo e intrattenimento. Dove le regole del gioco sono, in parte, rimaste invariate anche dopo la nascita di Youtube, e il modello ‘positivo’ rappresentato dagli youtuber si misura con ambienti scettici, quando non apertamente ostili verso ciò che viene dalla Rete.

Un esempio su tutti, l’incredibile ‘fail’ di Zoella. Zoe Sugg, così si chiama la ventiquattrenne inglese che ha lanciato il suo canale nel 2009, dopo aver superato i 7,6 milioni di iscritti e le 370 milioni di visualizzazioni per i suoi video, ha polverizzato ogni record di vendita per un esordiente con il suo primo romanzo “Girl Online”. Peccato che, poche settimane dopo la sua pubblicazione, l’autrice sia stata costretta a sparire dal web per alcune settimane, causa il sospetto – rivelatosi fondato – che a scrivere il libro fossero stati alcuni ghostwriter. L’ira dei fan – e non solo – della youtuber ha provocato centinaia di commenti negativi, che hanno costretto Zoella a prendersi “una pausa” di riflessione e a rivalutare le proprie ambizioni letterarie (il che non le ha impedito di comprare una casa del valore di un milione e mezzo di dollari a Brighton, con il ricavato del libro e dei suoi video).

zoella girls online
Per Zoella, debutto amaro con “Girls Online”

Per rimanere in Italia, le recenti comparsate dello youtuber Francesco Sole come co-conduttore al programma di Canale 5 “Tu si que vales” sono state ferocemente criticate dal web e dai suoi colleghi Dellimellow e Claudio di Biagio (aizzati dallo sfacciato endorsement di Selvaggia Lucarelli allo stesso Sole). I primi a giudicare negativamente gli youtubers che tentano il successo negli old media sono, non a caso, i loro stessi colleghi: a dimostrarlo il milione e ottocentomila visualizzazioni raccolte da Mostarda – Fuga di cervelli, il primo video del format di Yotobi che ha ridicolizzato gli youtubers Frank Matano, Panpers e Willwoosh per la loro scarsa vena recitativa nel film di Paolo Ruffini, “Fuga di Cervelli”. Per tutti gli altri, vale sempre la riflessione di Gianluca Neri: “la televisione sputtana, e ha un vizio: se può, cerca di non cambiare. E quindi quando vi invita, con tante moine, vi chiede di essere lei e di rinunciare a essere voi stessi. Vi chiede di rinunciare alle cose che secondo voi e secondo tutto il resto del web funzionano. Vi chiede di fare i pagliacci”.

Portatori sani di intrattenimento

Per capire la portata di questi eventi e l’eco che una “comparsata” sfortunata di uno youtuber al di fuori dei confini digitali riscuote, è importante capire quanto questa nuova tipologia di artisti del video venga ancora percepita in maniera esageratamente idilliaca, se anche un giornalista del valore di Roberto Saviano ha scrito che “gli You-Tubers saranno i vincenti di domani perché il loro mondo non si fonda sulla diffamazione, ma sui contenuti”, e Beppe Severgnini gli ha fatto eco affermando che “YouTube è la televisione di una generazione. Per chi è venuto al mondo tra il 1980 e il 2000 rappresenta ciò che il televisore in salotto è stato per i nonni e i genitori: una finestra sul mondo, una scoperta diventata presto un’abitudine. Fino a dieci anni fa qualcuno sceglieva per noi che cosa guardare e quando guardarlo. Per i nativi digitali questo è inconcepibile”).

Logico, se queste sono le premesse, capire la ferocia delle critiche riservate a chi non si dimostra all’altezza dei numeri, quando diventa palese come questi ragazzi da milioni di visualizzazioni non sono altro che esseri umani, che hanno cominciato a pubblicare video quasi per gioco, sicuramente attratti dalla possibilità di diventare famosi, sovente privi di una formazione specifica in fatto di recitazione e presenza scenica, portati a un eccesso di confidenza in se stessi da manager interessati più a lucrare sulle loro fortune che a rendere ognuno di essi un modello di riferimento per i più giovani.

Chi li guarda dall’esterno, privo dell’ammirazione sconfinata dei fan, difficilmente va oltre i numeri stratosferici, ignorando tutti i passaggi intermedi che hanno inciso sulla loro maturazione artistica (per chi sa un po’ di francese, guardatevi questo video di Norman, uno youtuber d’Oltralpe con oltre 5,6 milioni di iscritti, e confrontatelo con i suoi ultimi, per capire quanto un “creator”, anche se di satira, possa maturare attraverso il confronto quotidiano con i fan e i detrattori).

Francesco Sole Belen Rodriguez tu si que vales
Francesco Sole e Belen Rodriguez, critiche giustificate?

Gli youtubers sono considerati ancora portatori ‘sani’ di intrattenimento. Non fanno vedere le tette, non esibiscono le loro ricchezze, non costano troppo, non hanno bisogno di un omino verde che attesti la loro accessibilità ai minori di 18 anni. Dopo gli anni bui della stagnazione dello share di prima serata, ecco arrivare dall’infinita vastità del web una nuova generazione di attori/autori disposti ad adattarsi a ogni tipo di format televisivo pur di iniziare a monetizzare le visualizzazioni accumulate (solo PewDiePie e pochi altri possono in questo momento vivere di soli video online). Un salto, quello da Youtube all’editoria e alla televisione, che tuttavia solo in pochi casi rispecchia le attese: da qui le critiche e le stroncature, come quelle raccolte nell’articolo di Luca Tremolada per il  Sole 24Ore Sono stati famosi. Che fine hanno fatto le star di Youtube?.

Claudio di Biagio
Claudio Di Biagio: difficile per gli youtuber più giovani capire la responsabilità nei confronti dei propri follower

Gli Youtuber possono rimanere tali fuori da Internet?

Ora lo youtuber è molto più giovane e inizia già a 14 anni, in un periodo in cui è impossibile avere un senso di responsabilità sociale maturo nei confronti dei propri follower. Questo fenomeno, unito alle dinamiche commerciali, rovina la spontaneità” ha dichiarato Claudio di Biagio nel corso di una lunga e approfondita intervista per GQ Italia, e così mi sento di concludere questo mio spunto di riflessione.

Lo youtuber del 2015 ha il diritto e il dovere di mettersi alla prova nei cosiddetti old media, ma non può più fingere di ignorare di avere alle spalle centinaia di migliaia, quando non milioni, di ‘follower’ che si identificano in ciò che fa, scrive o dice. La credibilità di un artista passa anche dalla sua resilienza di fronte alle critiche e ai modelli precostituiti di chi deve vendere più libri o alzare di due punti percentuali lo share di un programma. Se gli youtuber vogliono rimanere un modello di riferimento per i propri fan devono rendersi conto di avere una responsabilità – morale, sociale, educativa – nei confronti di quei follower che hanno contribuito al loro successo, e dalla quale non è possibile abdicare, neanche per il tempo di uno show in prima serata.

Jacopo Franchi

jacopo franchi

Autore

Jacopo Franchi

Mi chiamo Jacopo Franchi, sono nato nel 1987, vivo a Milano, lavoro come social media manager, sono autore del sito che state visitando in questo momento e di tre libri sui social media, la moderazione di contenuti online e gli oggetti digitali.

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