La guerra fredda delle monete

Le implicazioni del progetto di Euro digitale annunciato questa settimana dalla BCE: dalla possibile disintermediazione delle banche alla competizione già in atto con criptovalute, monete private, complementari, e altre forme di moneta digitale emesse dalle banche centrali di tutto il mondo.

“La storia della moneta non sarà mai più la stessa. Stiamo andando incontro a un radicale cambiamento di come i soldi in quanto tali interagiscono con la società, e a un ridimensionamento del ruolo delle banche che hanno dominato la creazione e la distribuzione di moneta a partire dal quindicesimo secolo“: mai come in questi giorni le riflessioni pubblicate da David Birch nel suo libro “The Currency Cold War” (London Publishing Partnership, 2020) tornano utili per interpretare una realtà in pieno mutamento.

È notizia di pochi giorni fa, infatti, che il Consiglio direttivo della BCE ha approvato il lancio del progetto per la realizzazione dell’Euro digitale: nell’arco di cinque anni potremmo essere tutti in grado di pagare e conservare una somma di denaro utilizzando un conto aperto direttamente presso la Banca Centrale Europea, potendo scegliere quest’ultimo in luogo dei servizi offerti dalle banche o da aziende specializzate nei pagamenti come Paypal o Satispay, anche se i concorrenti manifesti dell’euro digitale sembrano essere per lo più le criptovalute e le monete delle altre banche centrali.

La fase esplorativa dell’Euro digitale inizierà non prima di ottobre 2021.

Prima dell’Euro digitale, lo Yuan digitale è già diventato realtà per milioni di cinesi

Il progetto di euro digitale della BCE, in sé, non è nuovo, almeno per quanto riguarda lo scenario internazionale: oltre ad alcune sperimentazioni e progetti portati avanti in Stati minori come l’Ecuador e le Bahamas, non proprio paragonabili per dimensioni e obiettivi al progetto europeo, lo “yuan digitale” della banca centrale della Repubblica Popolare Cinese si trova oggi in una fase ben più avanzata di sperimentazione, utilizzato da di milioni di abitanti che possono usufruire di un conto gratuito denominato in yuan e aperto direttamente presso la PBOC, seppur solo su invito.

Il progetto della BCE, la cui fase di sperimentazione durerà ancora almeno cinque anni secondo le comunicazioni ufficiali, si pone in diretta concorrenza con i progetti di moneta digitale di altre banche centrali: in gioco non c’è, quindi, tanto la presunta comodità di pagamento per gli utenti, quanto la concorrenza tra monete a livello globale e il governo della moneta stessa tramite la disintermediazione delle banche commerciali a opera delle banche centrali, anche se in una prima fase la BCE dovrebbe limitare la quantità di denaro che sarà possibile depositare gratuitamente nei suoi portafogli digitali.

Resta senza risposta, tuttavia, il ruolo che le banche commerciali avranno nei prossimi dieci o vent’anni: se il deposito di moneta potrà avvenire direttamente presso la banca centrale, in maniera più sicura, conveniente, prolungata, se la banca centrale assicurerà ai cittadini maggiori garanzie riguardanti la privacy o perlomeno minori ingerenze pubblicitarie e commerciali, per le banche commerciali il problema non sarà solo quello di assistere a una fuga dei depositi quanto al venire meno di una fetta importante di dati sulle transazioni effettuate dai propri clienti. “La moneta digitale delle banche centrali – scrive Birch – potrebbe distruggere le banche stesse”, o almeno una parte rilevante di queste ultime.

Abbandonata la guerra al contante, inizia la guerra fredda delle monete digitali

Per quanto riguarda il rischio che l’Euro digitale possa entrare in concorrenza con l’Euro “di carta”, Fabio Panetta, membro italiano del Comitato esecutivo della Bce, è stato molto chiaro a riguardo: il progetto di valuta digitale della Banca Centrale Europea non si pone in concorrenza con il contante, e questo non è un dettaglio di poco conto. Sebbene la crescita globale dei pagamenti digitali sia tuttora un fenomeno diffuso, anche in un Paese come l’Italia dove nel corso dell’ultimo anno le transazioni cashless sono passate dal 29% al 33% secondo i dati elaborati dal Politecnico di Milano, rispetto a qualche anno fa le prospettive di un completo abbandono del contante sembrano essere molto meno ottimistiche.

Persino un Paese come la Svezia, da anni punto di riferimento per i sostenitori della società “cashless”, ha obbligato le banche a continuare a fornire servizi di prelievo del contante e il Regno Unito è intenzionato a fare altrettanto, tutelando il diritto delle persone a scegliere la forma di denaro che preferiscono senza pregiudizi o vincoli in favore di quello elettronico. Anche a livello locale le autorità sembrano essere sempre più intenzionate a tutelare il “diritto” all’uso del contante, come ha fatto la città di New York che nel 2020 ha vietato per decreto ai propri negozi di rifiutare i pagamenti in “cash”.

La “guerra al contante” dichiarata unilateralmente da banche e società private alcuni anni fa si è scontrata con una crescente resistenza da parte delle persone e delle istituzioni di tutto il mondo: tutela della privacy dei pagamenti, rischio di temporanee interruzioni nell’accesso alla Rete a causa di attacchi malevoli o guasti informatici, esclusione digitale di parti tuttora rilevanti della popolazione e naturale diffidenza verso una trasformazione in senso puramente “immateriale” del denaro sono alcuni dei motivi che hanno oggi portato la BCE a lanciare il suo progetto di euro digitale tenendosi alla larga da qualsiasi accenno a una contestuale riduzione del contante, o al ritiro dei tagli di banconote di valore più alto.

La moneta digitale è anche la risposta delle banche centrali alle criptovalute e monete private

In questo contesto, i progetti di euro digitale, di yuan digitale, della e-krona svedese digitale e del probabile futuro dollaro digitale sono concepiti non tanto per dare il colpo di grazia al contante, ma quale risposta delle banche centrali all’emergere di nuove forme di moneta da parte di soggetti internazionali, privati e decentralizzati, oltre alla diffusione delle monete digitali a opera di banche centrali di altri Paesi. Diem di Facebook e Bitcoin, nel secondo e terzo caso, sono le monete e i progetti di monete alternative alla moneta della banca centrale e del sistema finanziario “tradizionale” più note, temute e studiate, in uno scenario che vede tuttavia ogni giorno la creazione di nuove forme di moneta pensate per rispondere a bisogni molto più specifici ma che potrebbero nondimeno espandere in futuro il proprio raggio di azione.

Ai due estremi di questo spettro della moneta “privata” si collocano da un lato le monete complementari come Sardex (e le sue declinazioni regionali come Circuitolinx in Lombardia) progettate per favorire gli scambi economici e la ridistribuzione della ricchezza all’interno di una comunità; dall’altro, si collocano tutte quelle monete create arbitrariamente da aziende private e che possono essere spese solo all’interno di queste ultime, con la non banale conseguenza di trasferire parte del potere di gestione degli scambi economici nelle mani di aziende e corporation multinazionali. Si pensi, in tal senso, ai “diamanti” di TikTok convertibili in Euro e utilizzati oggi per incentivare finanziariamente gli utenti a iscriversi alla piattaforma e sostenere tramite donazioni i creatori di contenuti, ma che un domani potrebbero essere utilizzati per acquistare servizi e prodotti in-app o addirittura inserzioni pubblicitarie su TikTok.

Prima ancora che una guerra tra le monete delle banche centrali, la “guerra fredda” di cui parla Birch è una guerra tra le varie forme di moneta disposizione di un numero crescente di persone da parte di banche centrali e aziende private, le quali potrebbero limitare arbitrariamente l’accesso al denaro e la possibilità di effettuare pagamenti da parte di organizzazioni, aziende e individui, come già avviene nell’ambito non meno problematico e non regolamentato della moderazione dei contenuti. Non a caso, la presidente della Bce Christine Lagarde non ha mancato di sottolineare che “quella della banca centrale è la forma più sicura di denaro, rispetto alla volatilità del valore di scambio delle criptovalute e all’arbitrarietà con cui le società private possono governare le modalità d’uso e di conversione in euro, yuan, krona o dollaro delle proprie monete private, oggi utilizzate da poche persone ma un domani probabilmente sempre più diffuse e ingovernabili.

Euro digitale e criptovalute, tra concorrenza e convivenza nel segno della privacy

Meno intuitivo risulta essere, invece, l’effetto che l’adozione su larga scala dell’euro digitale potrebbe avere nei confronti delle criptovalute. Apparentemente agli opposti dal punto di vista della decentralizzazione e centralizzazione delle forme di governo, l’euro digitale e le criptovalute non lo sono dal punto di vista della tracciabilità a fini commerciali: entrambi potrebbero fornire in futuro alle persone il diritto non tanto alla privacy in senso assoluto, quanto alla privacy rispetto alle ingerenze di banche, società di pagamento e clienti di queste ultime interessati a servirsi dei dati degli utenti a fini commerciali e di marketing. Gestito da un’istituzione pubblica, senza fini di natura commerciale, l’Euro digitale potrebbe sfidare le criptovalute sul terreno della tutela della privacy degli utenti nei confronti delle aziende private e delle loro diverse forme di moneta solo parzialmente soggette a regole condivise e trasparenti: non sarebbe la prima volta che la” guerra fredda” tra due opposte visioni del mondo porta a uno stato di convivenza di fatto, se non di diritto, incentivando entrambe le realtà a rinnovarsi continuamente e adottare gli aspetti migliori dell’altra parte pur di non vedere venir meno il sostegno popolare.

jacopo franchi

Autore

Jacopo Franchi

Mi chiamo Jacopo Franchi, sono nato nel 1987, vivo a Milano, lavoro come social media manager, sono autore del sito che state visitando in questo momento e di tre libri sui social media, la moderazione di contenuti online e gli oggetti digitali.

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