L’invito a sostenere i consumi presso i piccoli negozi del territorio, anziché a favore delle grandi aziende digitali, non deve essere frainteso come un invito a boicottare il digitale tout court: da Bookdealer arriva un esempio destinato a fare scuola nel settore delle librerie indipendenti.
L’avvento dei colossi della grande distribuzione online negli ultimi anni ha segnato l’inizio di una profonda fase di crisi di molti piccoli commercianti, costretti a confrontarsi con concorrenti infinitamente più agguerriti e pervasivi sul loro stesso territorio di attività. Amazon, in particolare, ha sostituito nell’immaginario di molti lo spauracchio un tempo rappresentato dai grandi centri commerciali nei confronti dei piccoli esercenti locali: comprare nei negozi di quartiere – comprare “offline – è diventato così in questi ultimi mesi quasi un “atto di resistenza” di una parte dei consumatori italiani rispetto allo strapotere dei colossi digitali americani o cinesi.
Le piattaforme digitali come alleate e come “nemiche”: un timore che resiste alla prova dei fatti
Ovviamente, non sono mancate le voci degli “esperti” che hanno invitato le piccole aziende a non accontentarsi della diffusa mobilitazione di consumatori in loro sostegno, e ad approfittare di questi giorni di “lockdown” autunnale per compiere a propria volta il grande passo verso la digitalizzazione. Opinioni più o meno interessate hanno così invitato i commercianti locali ad aprire pagine Facebook e Instagram, avviare campagne su Google ADS, ricevere ordini via WhatsApp e – perché no – iniziare a vendere su Amazon stessa, senza perdere ulteriore tempo prezioso nell’adattarsi a un modello di innovazione commerciale e di comunicazione che sembra essere diventato ormai imprescindibile nella vita quotidiana dei consumatori.
Eppure, le resistenze non mancano ancora: al di là di alcuni casi estremi, è mia opinione che molti piccoli imprenditori siano oggi refrattari alla digitalizzazione nel momento in cui i rapporti di forza tra le grandi piattaforme e le piccole aziende rimangono ancora così palesemente squilibrati. Dai cambi repentini dell’algoritmo di Facebook che riduce la visibilità delle pagine locali, ai dati di Google Analytics che offrono una panoramica solo parziale sugli utenti che visitano il sito di un’attività, fino ad arrivare al mistero che avvolge la visibilità dei prodotti “più venduti” nel feed di Amazon, le piattaforme digitali di massa possono rappresentare al tempo stesso il miglior alleato e il peggior nemico di tante piccole attività prive da sempre di qualsiasi forza negoziale nei loro confronti.
Acquisire una maggiore forza negoziale verso le grandi piattaforme: l’esempio di Bookdealer
In questo senso, se appare oggi anacronistico pensare di poter fare a meno dei grandi “flussi” di utenti messi in moto da social media, marketplace e motori di ricerca, è lecito sperare che le piccole attività ancora del tutto o solo parzialmente “offline” possano andare incontro alla digitalizzazione in maniera diversa rispetto a quelle che le hanno precedute. Un esempio, in questo senso, viene dal mondo delle librerie indipendenti: le prime a essere prese di mira da Amazon nei lontani anni Novanta, le prime che in questi mesi di “lockdown” hanno dovuto fare i conti con un concorrente temibile sul fronte della disponibilità, dei prezzi e della logistica.
È in questo contesto di emergenza che ha visto la luce Bookdealer, la prima piattaforma di e-commerce per librerie indipendenti in Italia, passata nel giro di due mesi da 120 a oltre 400 librerie registrate. L’idea nasce dall’iniziativa di Leonardo Taiuti, titolare di Edizioni Black Coffee che ha preso spunto da un servizio simile già esistente negli Stati Uniti, e da Mattia Garavaglia della Libreria Golem di Torino. Un libraio, è importante sottolinearlo, molto attivo sui canali digitali “tradizionali” come Facebook e Instagram, che fin dalle prime settimane di lockdown della scorsa primavera si è dato da fare per consegnare in bicicletta libri in tutto il capoluogo piemontese, senza lasciarsi prendere dallo sconforto per l’improvvisa perdita di clienti.
Per quanto la stampa si sia affannata a descrivere i fondatori di Bookdealer nei panni di moderni “Davide” contro il “Golia” rappresentato da Amazon, è irragionevole oggi pensare che i lettori possano dall’oggi al domani trasferirsi del tutto da una piattaforma all’altra: la speranza, che spero si possa tramutare presto in una possibilità concreta, è che la disponibilità di una piattaforma “alternativa” possa consentire a molti piccoli librai di acquisire una visibilità e una forza negoziale mai avuta prima d’ora nei confronti delle grandi piattaforme (e dei decisori politici). Un canale alternativo da utilizzare in caso di ulteriori cambi di algoritmo penalizzanti, in caso di nuovi “lockdown” indiscriminati: per non soccombere senza lottare alle scelte altrui, e mobilitare all’occorrenza una “comunità” di clienti e colleghi in proprio soccorso. Non sarà la via “italiana” o “europea” al digitale, ma potrebbe essere un inizio.