Ora posso dirlo: vivere in due, un ragazzo e una ragazza, per due anni e mezzo in un monolocale di trentacinque metri quadrati non solo è un’impresa possibile, ma anche necessaria se si vuole capire quanto è profondo un sentimento e quanto si è disposti a mettere in gioco pur di rimanere insieme.
La mancanza di modelli di riferimento per chi sceglie la strada della totale indipendenza
Sono tante le coppie di nostri coetanei che sono uscite dalla casa dei genitori per andare a vivere in un’altra casa acquistata o pagata dai genitori stessi, con i mobili dei genitori, i consigli dei genitori e la presenza costante di questi ultimi. Qualcuno, più intraprendente, è arrivato perfino ad aprire un mutuo: ovviamente con le garanzie e gli anticipi dei genitori. Nel nostro caso, non è stato così.
“In due facevamo già cinquant’anni
era ora di diventare adulti”
Abbiamo scelto la strada della totale indipendenza: perché ci sembrava giusto così, perché in due facevamo già cinquant’anni ed era ora di prenderci le nostre responsabilità, perché nel rimescolamento primordiale del cosmo ci siamo trovati proprio nel nostro essere mentalmente, ancor prima che materialmente, autosufficienti. Tutto quello che abbiamo – cioè nulla, se si tiene conto solo della proprietà sugli oggetti – possiamo dire con un certo orgoglio di essercelo guadagnato.
Economia della sintesi vs economia dell’accumulo
Senza nessuna preparazione preliminare, corsi prematrimoniali o esperienze di amici e parenti cui far riferimento, ci siamo trovati d’un tratto a fare i conti con noi stessi. E noi stessi solamente. Per adattarci agli spazi ridotti della nostra nuova esistenza abbiamo dovuto imparare a limitarci a nostra volta. Abbiamo sacrificato sul mitologico altare del sentimento, nell’ordine, tutto o quasi quello che rientra sotto il nome di “possesso”, “privacy”, “spazi personali”. Per renderci conto che non erano poi così necessari come ci avevano sempre insegnato.
“La coppia a una dimensione è un soggetto economico
che consuma oggetti ed esperienze sintetizzati “
Quando sei costretto dalle circostanze a vivere in spazi angusti e non modificabili a tuo piacimento la prima cosa da fare è operare una sintesi di ciò che della tua vita passata puoi portare con te. Vestiti, mobili, motorini, libri, pietanze, regali, abitudini, vizi, e tutti quegli amici che non hanno mai deciso nulla di loro spontanea volontà. Le coppie a una dimensione si ritrovano alla fine di ogni mese a fare i conti con un bilancio in costante perdita, salvo accorgersi che la ricchezza di prima altro non era che un prestito fornito da altri, su cui loro non avevano mai avuto alcun possesso.
Per le coppie costrette a vivere a lungo in un’economia di sintesi le conseguenze possono essere di vario tipo. Alcune decisamente negative, come la povertà di esperienze e di ricordi in comune, vuoi per mancate disponibilità economiche, vuoi per abitudine a rinunciare piuttosto che a prendere, a rimandare piuttosto che a fare. Altre più positive, come la capacità di distinguere ciò che conta davvero e che cosa no, e una consuetudine con l’altro che porta a soffrire della sua mancanza più di ogni altra cosa al mondo. Selezionando, scartando, rimuovendo, ci si ritrova a scavare fino alle fondamenta di quello che tiene unite due persone.
La Rete come spazio di compensazione e fusione
Laddove mancano gli spazi per muoversi, il collegamento alla Rete apre una finestra illimitata su una dimensione virtuale sufficiente ad accogliere entrambi. In mancanza di privacy, l’istantaneità dei messaggi sul web assicura una via di fuga sempre a portata di mano. L’impossibilità di aggiungere altri oggetti fisici nel monolocale viene in parte compensata dalla disponibilità illimitata di beni di consumo smaterializzati: film, canzoni, libri, giornali. La coppia a una dimensione a poco a poco si ritrova a scomparire dal mondo fisico – così povero di opportunità, di spazi, di aria – e dall’orizzonte di visibilità di quanti ancora ricordano i membri della coppia stessa come due entità separate, per fondersi in una sola creatura nel world wide web.
“La fusione completa non è possibile
la Rete non è fatta per ospitare due individui alla volta”
Questo, per quello che si può vedere dall’esterno. Nella realtà succede che la presenza di più di un dispositivo di accesso alla Rete – telefonini, computer, tablet – porti quasi involontariamente ciascuno dei due membri della coppia a ricrearsi un suo spazio personale nel mondo digitale. Con la conseguenza che il passaggio continuo tra una dimensione e l’altra rende ancora più evidente la limitatezza della prima dimensione, quella in cui le due personalità si trovano a convivere: non c’è paragone, infatti, tra gli spazi resi ancora più angusti dalla compresenza di due corpi, dove comunque bisogna pur mangiare, lavarsi, riposarsi, rispettando le esigenze dell’altro, e l’inesausto navigare in solitaria nelle profondità circolari del cyberspazio. Le infinite possibilità promesse alla propria identità digitale – che non invecchia, non muore, non ha limiti di memoria e di capienza – a un certo punto non sono più solo una via di fuga, ma diventano il metro di paragone con cui valutare le proprie esigenze nel mondo fisico.
Il risultato, se considerato nell’insieme di questi due anni, non è dei migliori. Ma, come si dice spesso in questi casi, quando non rimangono molte altre speranze cui aggrapparsi, quello che non distrugge fortifica. E, per fortuna, è venuto anche per noi il momento di andarcene (in un altro monolocale, ma questa volta su due piani).