Salvate Twitter da Jack Dorsey
Dalla crisi di utenti all’abbraccio mortale con la televisione, dalla delusione di Periscope all’eterna competizione con Facebook, uno sguardo sulle principali novità introdotte da Twitter nel 2015 e una proposta per il futuro del social network giunto al suo decimo anno di attività, da considerarsi ormai un vero e proprio “patrimonio dell’umanità” libera e democratica. A prescindere da quel che ne pensa il suo CEO e co-founder, Jack Dorsey.
Jack Dorsey, co-founder e nuovo CEO di Twitter
Nel 2016 Twitter compie dieci anni. Creato nel 2006 da Jack Dorsey, Noah Glass, Biz Stone e Evan Williams, nel terzo trimestre 2015 Twitter ha raggiunto 320 milioni di utenti unici attivi al mese, in deciso rallentamento rispetto alla crescita da 100 a 200 milioni registrata tra settembre 2011 e dicembre 2012. Anno su anno, la crescita di nuovi utenti attivi negli USA è stata di appena 4 milioni di unità, fermandosi a quota 66 milioni, mentre nel resto del mondo il numero di utenti attivi sulla piattaforma ha raggiunto quota 254 milioni (per fare un confronto, la crescita di Facebook è dell’ordine di 50 milioni di nuovi utenti al mese). twitter.com è al nono posto del ranking globale di Alexa.
Sono 320 milioni gli utenti unici attivi al mese
e più di un miliardo quelli che visualizzano i tweet senza essere registrati
Malgrado la stagnazione degli utenti, Twitter ha visto crescere i suoi ricavi del 58% anno su anno, a 569 milioni di dollari, superando le attese degli analisti. Il nuovo CEO Jack Dorsey ha dichiarato che sono circa 500 milioni gli utenti Internet che visualizzano Twitter senza essere iscritti alla piattaforma, e circa 1 miliardo quelli che visualizzano i tweet embeddati su siti di terze parti: una cifra che, seppur non verificata, dà un’idea dell’influenza ormai raggiunta da Twitter anche al di fuori della cerchia di utenti che ne fanno uso quotidianamente.
Il 2015 di Twitter: dal lancio di Periscope al ritorno di Jack Dorsey
Il 2015 è stato un anno di grandi novità per Twitter, a cominciare dal passaggio di consegne, dopo quattro anni, del CEO Dick Costolo con Jack Dorsey, già CEO fino al 2008 e primo uomo al mondo a pubblicare un tweet il 21 marzo 2006. Tra le prime decisioni prese da Dorsey dopo il suo reinsediamento va ricordato il licenziamento dell’8% della forza lavoro di Twitter a fronte dei deludenti risultati finanziari, che hanno visto il valore delle azioni scendere verso i minimi storici, e il lancio di Moments, una nuova funzionalità del social per aiutare gli utenti a individuare i tweet considerati di maggior interesse (progetto avviato, a onor del vero, durante l’ultima era Costolo).
Il 2015 di Twitter sembrava essersi aperto nel segno di un sorpasso
sul terreno dei video nei confronti dell’eterno rivale, Facebook
Eppure il 2015 di Twitter sembrava essersi aperto nel segno di un sorpasso nei confronti dell’eterno rivale, Facebook, proprio sul fronte dei video dove la società guidata da Mark Zuckerberg stava investendo maggiormente, a sua volta impegnata in un’ambiziosa sfida con Youtube. A marzo Twitter annunciava l’acquisto di Periscope, un’app per consentire a tutti gli utenti di pubblicare dirette video in streaming sul proprio account: una novità particolarmente significativa per un social network che ha da sempre fatto della sintesi il suo punto di forza, e che in quanto tale non ha finora riscosso il successo previsto. Dopo quasi un anno dall’acquisizione di Twitter Periscope si è meritata il titolo di app dell’anno sull’App Store, ma sembra essersi fermata alla non entusiasmante cifra di 2 milioni di utenti attivi al giorno (sebbene la durata totale dei video pubblicati da questi ultimi superi i 40 anni), mentre le visualizzazioni video di Facebook nel 2015 potrebbero avere già superato il totale di 8 miliardi.
Il 2015 di Twitter verrà ricordato per la rimozione delle tradizionali “stellette” per far posto ai cuoricini – copiati senza troppa fantasia da Instagram – con conseguente riduzione delle possibilità di espressione degli utenti, da un apprezzamento della qualità del contenuto del tweet alla misura della sua carica emotiva. Da ricordare le altre novità di impatto minore ma rilevanti per quel che riguarda la strategia di maggiore coinvolgimento degli utenti, quali l’introduzione della possibilità di creare sondaggi attraverso i tweet, il restyling dell’homepage, l’autoplay dei video (anch’essa mutuata da Facebook), l’abolizione del limite dei 140 caratteri nei messaggi, la possibilità di seguire fino a 5.000 account anche senza possedere alcun follower. Significativa, ma i cui effetti sono ancora tutti da valutare, la partnership siglata in estate con Google per offrire maggiore visibilità ai tweet nelle serp del primo motore di ricerca al mondo. Ancora tutta da verificare, invece, l’indiscrezione di Recode secondo cui l’azienda sarebbe pronta a modificare il limite dei caratteri dei tweet, portandoli dagli attuali 140 a 10.000.
È dal 2009 che periodicamente viene annunciato come prossimo
Il lancio di un servizio di ecommerce su Twitter
Sul fronte dei ricavi pubblicitari il 2015 ha visto la crescita degli investitori pubblicitari su Twitter dai 60.000 di novembre 2014 ai 100.000 di dieci mesi dopo (in proporzione pochi, se confrontati ai 2 milioni dichiarati da Facebook) e la possibilità di realizzare annunci anche da parte dei piccoli e medi inserzionisti localizzati in 200 Paesi nel mondo (rispetto ai 33 Paesi di un anno fa). Da non sottovalutare la decisione di rendere visibili i tweet sponsorizzati anche a quanti utilizzano Twitter senza essere iscritti alla piattaforma, e che secondo i dati resi pubblici dalla società sarebbero circa mezzo milione di persone in tutto il mondo. Un potenziale apparentemente illimitato, che tuttavia contrasta con i dati pubblicati da eMarketer sulla scarsa rilevanza dei “Twitter Ads”.
Non si hanno ulteriori aggiornamenti circa i test relativi allo sviluppo di una piattaforma di ecommerce interna al sito, sebbene se ne parli fin dal 2009 come di un canale alternativo di monetizzazione.
I problemi di Twitter: dall’Isis all’abbraccio mortale con la televisione
I problemi di Twitter non si limitano all’urgenza di recuperare il terreno perduto nei confronti di Instagram, e perfino di LinkedIn che a novembre ha superato il muro dei 400 milioni di utenti unici. Twitter soffre da sempre di una persistente difficoltà a moderare i contenuti potenzialmente nocivi nei confronti di persone o gruppi di persone. Sebbene sia attiva, come per Facebook, la possibilità di segnalare i tweet e gli utenti indesiderati, fake o troll, la capacità del social di tutelare in tempo reale i suoi utenti dal ricevere messaggi offensivi sembra essere tutt’ora sottodimensionata rispetto alla richiesta (un deficit condiviso pubblicamente anche dall’ex CEO Dick Costolo). Da Mentana a Linus, sono stati tantissimi i personaggi famosi che in questi anni hanno deciso di sospendere la loro attività sul social per le troppe offese ricevute. E Twitter è da sempre sotto accusa per la cassa di risonanza che la sua piattaforma offre a gruppi e organizzazioni terroristiche, come confermato dagli oltre 46.000 account riconducibili all’Isis per attività di propaganda e diffusione di messaggi incitanti all’odio e alla violenza.
Il nuovo giro di vite sugli hate speech
ha già fatto la sua prima vittima (involontaria)
Messaggi che, come annunciato in questi giorni, dovrebbero d’ora in avanti essere ulteriormente sottoposti a un nuovo giro di vite, fino alla sospensione definitiva degli account incriminati: buoni propositi, la cui messa in pratica rischia di rivelarsi meno semplice del previsto, come confermato dalla vicenda di un attivista della Primavera Araba il cui account è stato bloccato perché associato erroneamente al leader dell’Isis. Un blocco motivato, probabilmente, dalla somiglianza del nome utente con quello del leader dell’Isis, e non dal contenuto dei tweet, che secondo la BBC erano anzi fortemente critici nei riguardi dello Stato Islamico.
Twitter sembra soffrire di una persistente crisi d’identità, che il ritorno in auge di uno dei founder potrebbe acuire ulteriormente. Non sono bastati i cuoricini copiati da Instagram, l’autoplay dei video e il restyling “ispirato” da Facebook: il nuovo servizio “Moments”, al momento attivo solo in alcuni Paesi, dovrebbe portare a un aggiornamento della timeline degli utenti in base al quale i tweet potrebbero essere visualizzati non più secondo il loro ordine cronologico di pubblicazione, ma secondo una non meglio definita gerarchia di rilevanza, con un meccanismo che potrebbe risultare identico a quello di Edge Rank (l’algoritmo di Facebook che determina il posizionamento di un post nella timeline degli utenti).
Se la televisione ha avuto un beneficio dall’alleanza con Twitter
lo stesso non si può dire per il social network
È mia personale opinione, infine, che la caratterizzazione di Twitter nel senso di “second screen” rispetto alla televisione sia stata fino ad oggi meno remunerativa per la crescita di utenti attivi sul social di quanto questo ultimo abbia aiutato la tv tradizionale a rallentare la fuga degli spettatori. Se diamo uno sguardo ai temi più dibattuti su Twitter nel corso del 2015 per quel che riguarda l’Italia, noteremo come il social network sia il primo spazio virtuale di confronto su quello che accade nel “piccolo schermo”: talent show (Amici, X-Factor, The Voice), fiction (Braccialetti rossi, Violetta, Il Segreto) e talk show (Chi l’ha visto? Otto e mezzo, diMartedì). A tal punto che Eni ha scelto Twitter per ribattere in tempo reale alle accuse mosse in trasmissione dagli inviati di Report. Un abbraccio mortale, quello di uno dei più importanti social network al mondo con un “old” media in deciso calo tra gli utenti, soprattutto tra i più giovani. Se Twitter ha aiutato la televisione a contenere il deflusso degli spettatori verso i nuovi media, il declino della televisione e la predominanza dei suoi contenuti nelle tendenze più popolari di Twitter potrebbe influire significativamente nel prolungare la stagnazione degli utenti attivi nel medio e lungo periodo.
A chi appartiene Twitter?
Twitter non è un social network come gli altri. È “il” social network per definizione, dove i ruoli di follower e following non escludono automaticamente che i contenuti pubblicati da un utente possano essere visti anche da chi non rientra nelle sue cerchie (ad eccezione degli account privati). Non esistono barriere di spazio e di tempo alla diffusione di un tweet. Non è necessario seguire qualcuno per rendersi conto di cosa sta succedendo in un determinato momento, in una determinata area del mondo. Per le democrazie Twitter riveste oggi la stessa importanza di Radio Londra ai tempi del nazismo. È un bene collettivo, la cui funzione agli occhi degli utenti è decisamente diversa rispetto a quella immaginata dagli amministratori della piattaforma o dagli inserzionisti pubblicitari.
Gli utenti hanno già deciso
quale deve essere la vera funzione di Twitter
Secondo una ricerca del Press Institute l’86% degli utenti attivi utilizza Twitter prevalentemente per ricercare notizie, nel 70% dei casi in tempo reale, quando le interazioni sulla piattaforma aumentano del 39%: Twitter è un social network di servizio, che diventa indispensabile quando la ricerca e diffusione di informazioni in tempo reale può aiutare a salvare delle vite, come nel caso delle catastrofi naturali o di attentati come quelli del 13 novembre di Parigi, durante i quali i cittadini si sono spontaneamente mobilitati per accogliere le vittime sopravvissute agli assalti dei terroristi lanciando l’hashstag #PorteOuverte.
Twitter non crea un ambiente rassicurante e modellato a piacimento sui gusti e la sensibilità dell’utente, come avviene su Facebook. Così come non offre la garanzia di un feedback positivo alle nostre azioni e parole: un “retweet” è ancora oggi un gesto innaturale, che non ha paragoni nel mondo reale, al posto dell’universale e incoraggiante “mi piace”.
Twitter non è un ambiente “rassicurante”,
ci fa vedere anche quello che non vorremmo mai conoscere
Probabilmente Twitter non dispone nemmeno di quell’esercito di moderatori di contenuti – svelato da una recente inchiesta di Wired – che tengono pulito il newsfeed degli utenti di Facebook dai video di decapitazioni e violenze pianificate. Twitter ti fa vedere anche quello che non vorresti, compresi omicidi, scena di guerra e di pornografia. È una finestra sempre aperta sul mondo, visto attraverso gli occhi di persone sconosciute: e il mondo non si riduce a un selfie di Belen o al resoconto di Capodanno del cugino, anche se per la maggior parte delle persone è molto più rassicurante costruirsi un mondo virtuale migliore di quello reale.
Se Twitter potrebbe migliorare il modo in cui i contenuti vengono filtrati, nondimeno è palese che una moderazione troppo puntuale potrebbe sconfinare facilmente in una forma di censura preventiva: quale moderatore pagato pochi dollari al mese può avere il diritto di decidere se una foto di uno scontro a fuoco tra polizia e manifestanti è un contenuto “violento”, o una testimonianza con valore di cronaca? Chi può sapere, a priori, se la pubblicazione su Twitter di un video degli abusi sessuali di un politico su una presunta minorenne costituisca un contenuto con intento pedopornografico, o un atto di denuncia di valore inestimabile per la tutela degli interessi di una comunità? Le persone utilizzerebbero ancora Twitter per trovare notizie e testimonianze aggiornate su attentati come quello di Parigi, se si rendessero conto che i tweet vengono filtrati in base al loro contenuto, per tutelare le persone più sensibili?
Le persone utilizzerebbero ancora Twitter
se i tweet seguissero le stesse policy di moderazione di Facebook?
I social network appartengono, prima di tutto, agli utenti che ne fanno uso. E sono gli utenti stessi a dire l’ultima parola su quello che un social dovrebbe o non dovrebbe essere. Se gli utenti si rivolgono a Twitter per sapere “che cosa sta succendo”, se la maggior parte di loro utilizza il social in maniera passiva, limitandosi a visualizzare i tweet (perché non tutti possono essere contemporaneamente produttori e fruitori di notizie), se il social network stesso è costruito per rendere istantanea in tutto il mondo la diffusione di un’informazione, se tutti i tentativi di eguagliare e superare Facebook sul suo stesso terreno sono falliti, perché non investire tutte le risorse nell’ottica di migliorare l’accesso all’informazione e la distribuzione delle notizie? Perché insistere nell’abbraccio mortale con un media come la televisione, dove la fruizione dei contenuti è per definizione stessa passiva e il flusso delle comunicazioni è unidirezionale, anziché valorizzare i produttori di contenuti di qualità, quelli che “twittano” quando hanno una notizia da comunicare al mondo e per questo consentono alla piattaforma stessa di vivere, senza ricevere compenso alcuno?
Twitter “patrimonio dell’umanità” libera e democratica
Nel breve periodo Twitter si ritrova a competere con Facebook anche sul versante della diffusione delle notizie. Se i primi test di “Moments” in Gran Bretagna non sembrano aver riscosso grande successo, Facebook sembra essere già un passo avanti nell’implementazione di Istant Articles, finalizzato a coinvolgere maggiormente i grandi gruppi editoriali nella condivisione delle notizie e dei contenuti di qualità sulla sua piattaforma, offrendo agli utenti la possibilità di accedere alle notizie più velocemente e intuitivamente di prima.
Twitter, al momento, non offre nulla di lontanamente paragonabile ai produttori di contenuti, siano essi gruppi editoriali, testate specializzate, giornalisti, blogger, foto e videoreporter o citizen journalist. Twitter non porta significativi volumi di traffico ai siti di news, non evidenzia in modo particolare una notizia rispetto a un altro genere di contenuto, non offre alcuno strumento per facilitare il fact-checking delle notizie che vengono pubblicate, e la lista dei trending topic è continuamente viziata dall’indefessa attività di imberbi ragazzini che twittano in massa per sostenere i loro idoli pop del momento. Senza dimenticare che attività come quella di #PorteOuverte sono state create dal basso, non hanno ricevuto alcun impulso dalla piattaforma: per non parlare dell’ideazione di servizi ormai divenuti essenziali in caso di calamità o attentati terroristici come il “Safety Check” di Facebook.
Twitter come Radio Londra durante la 2°GM
è la voce della democrazia nel mondo
In soli dieci anni di vita, Twitter si è guadagnato un ruolo di primo piano nel mondo come fonte privilegiata di notizie per un numero – questo sì – incalcolabile di persone. Anche in quei Paesi, come il Medioriente percorso dalle rivolte della Primavera Araba, dove la diffusione del social viaggia ancora al di sotto di percentuali a due cifre. Twitter deve essere considerato un “patrimonio dell’umanità” per la sua capacità di mettere in connessione individui e mondi lontani tra loro e di facilitare la diffusione di informazioni che contrastano con la versione ufficiale delle autorità dominanti. Se qualche passo in tal senso è stato fatto dal nuovo CEO, come il ripristino di Politwoops, il sito che cataloga e memorizza i tweet dei politici, nondimeno credo che l’attuale management non sia in grado, da solo, con un apporto risicato di capitali determinato dalla ristretta base di utenti, di ideare e sviluppare soluzioni che vadano nella direzione di soddisfare le esigenze di maggiori informazioni, maggior qualità e veridicità dei contenuti richieste dalle società democratiche e da chi lotta per la diffusione della democrazia nei Paesi totalitari.
Per il futuro di Twitter vorrei una fondazione sul modello della Wikimedia Foundation
e lo sviluppo di soluzioni per i creatori di contenuti d’informazione
Una soluzione, viste le premesse, potrebbe essere quella di considerare Twitter come un “bene collettivo”, patrimonio dell’umanità e delle democrazie, da sottrarre progressivamente al controllo di una ristretta cerchia di investitori e imprenditori per passare sotto la proprietà di una fondazione non a scopo di lucro (sul modello, fatte le dovute distinzioni, della Wikimedia Foundation, dove una parte del consiglio d’amministrazione è eletta dagli utenti della comunità online). Twitter diventerebbe così definitivamente un social network di contenuti, voce universale del pensiero democratico e cassa di risonanza di chiunque abbia qualcosa di diverso da dire, sviluppato con il decisivo apporto della società civile e dei professionisti dell’informazione, sollevato dalla dipendenza da introiti pubblicitari e affrancato dalla competizione con i social del “mi piace” e dell’amore universale.
Jacopo Franchi
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