La lettera di 200 moderatori di Facebook a Mark Zuckerberg
La traduzione del testo completo della lettera inviata da oltre 200 moderatori di contenuti alla dirigenza di Facebook e delle aziende che lavorano in subappalto per chiedere maggiori tutele e aumenti salariali.
All’attenzione di Mark Zuckerberg, Sheryl Sandberg, Anne Heraty, Julie Sweet,
noi sottoscritti, impiegati e moderatori dei contenuti di Facebook, vogliamo esprimerle il nostro sgomento per la sua decisione di mettere a rischio le nostre vite – e le vite dei nostri colleghi e dei nostri cari – con il solo obiettivo di tutelare i profitti accumulati dalla sua azienda durante la pandemia.
Dopo aver permesso ai moderatori di contenuti di lavorare da casa nel corso degli ultimi mesi, pur di continuare a proteggere Facebook dalla diffusione di contenuti di disinformazione e di odio, ci avete costretto a tornare in ufficio. Solo i moderatori che dispongono di un documento rilasciato da un medico sono esentati dal presentarsi di persona. I moderatori che vivono con persone fragili, e che potrebbero morire in caso di infezione da Covid, non godono della stessa possibilità.
La pandemia è stata una buona occasione per Facebook. Il numero di iscritti ha superato i tre miliardi, facendo crescere ancora di più la domanda di lavoro per noi. Zuckerberg ha quasi raddoppiato le sue fortune durante la crisi, superando più di 100 miliardi di patrimonio. La pandemia è stata positiva anche per le aziende fornitrici di Facebook: CPL, una delle principali a livello europeo, è stata venduta per 318 milioni di euro.
Nonostante i vostri guadagni siano cresciuti, avete rifiutato di riconoscere un indennità di rischio per i moderatori. Un moderatore di Accenture, negli uffici di Austin (Texas), guadagna in media 18 dollari all’ora.
Prima della pandemia, la moderazione dei contenuti era l’incarico di gran lunga più difficile da svolgere per chiunque lavorasse per Facebook. Abbiamo assistito a violenze e abusi sui minori per ore e ore di lavoro. Gli obiettivi di produzione dei moderatori che lavoravano sui contenuti pedopornografici sono stati addirittura aumentati, durante la pandemia, senza che ai lavoratori fosse consentito di ricevere un ulteriore supporto.
Oltre all’incarico in sé, difficile quando non tossico da un punto di vista psicologico, mantenere il posto di lavoro significa oggi andare incontro a non pochi pericoli. In diversi uffici sono stati documentati casi multipli di infezione da Covid. I lavoratori hanno chiesto a Facebook, e ai vostri fornitori come Accenture e CPL, di prendere subito provvedimenti per aumentare i livelli di sicurezza e riconoscere il valore del nostro ruolo. Voi avete rifiutato. Ora noi rendiamo pubblica questa lettera perché ci avete lasciato senza altra possibilità.
È importante spiegare che la ragione per cui avete scelto di mettere in pericolo le nostre vite dipende dal fatto che Facebook, quest’anno, ha provato a utilizzare l’intelligenza artificiale per moderare i contenuti. E ha fallito.
All’inizio della pandemia, sia i dipendenti di Facebook sia i moderatori di contenuti hanno lavorato da casa. Per controllare il numero crescente di contenuti di violenza, odio, terrorismo e abusi sui minori, e altri orrori contro cui noi combattiamo per voi ogni giorno, voi avete cercato di sostituire il nostro lavoro con quello di una macchina.
Senza informare il pubblico, Facebook ha avviato un massiccio esperimento di moderazione di contenuti automatica. Il management ha detto ai moderatori che non avrebbero mai più visto certe tipologie di contenuto, nella schermata dello strumento di revisione che utilizziamo abitualmente per lavorare, come atti di violenza esplicita o gli abusi sui minori.
L’intelligenza artificiale non è stata all’altezza del compito. Informazioni importanti sono state bloccate dai filtri di Facebook, mentre il contenuto più a rischio, come quello legato all’autolesionismo, è rimasto online.
La lezione è evidente. Gli algoritmi di Facebook sono ben lontani dal raggiungere l’obiettivo di moderare i contenuti automaticamente. E potrebbero non arrivarci mai.
Questo ci porta a farvi una domanda: se il nostro lavoro è così importante per Facebook da spingervi a chiederci di rischiare le nostre vite in nome della community e del profitto aziendale, non è forse perché il nostro lavoro rappresenta il vero “cuore pulsante” della vostra azienda?
Senza il nostro lavoro Facebook sarebbe inutilizzabile. Il suo impero collasserebbe. I vostri algoritmi non sono in grado di riconoscere la satira. Non possono distinguere tra giornalismo e disinformazione. Non possono individuare rapidamente i contenuti di abuso sui minori o quelli che mostrano tentativi di suicidio. Solo noi possiamo.
Facebook ha bisogno di noi. E’ venuto il tempo di riconoscerlo e di valorizzare il nostro lavoro. Sacrificare la nostra salute e sicurezza per il profitto è solo un atto immorale.
Queste sono le nostre richieste:
- Dovete garantire la sicurezza dei moderatori e delle loro famiglie. Al momento, solo i moderatori di contenuti che dispongono di un documento ufficiale di un medico, che riconosce il rischio per il loro stato di salute, possono evitare di lavorare in ufficio. Questa possibilità non è neppure contemplata in alcuni luoghi di lavoro. Quelli che vivono con persone a rischio – ad esempio, quelli che hanno un figlio che soffre di epilessia – sono costretti a recarsi in ufficio. Tutti i moderatori di contenuti che presentano forme di rischio elevato, o che vivono con persone a rischio elevato di sviluppare forme incurabili di malattia da Covid, devono poter lavorare da casa a tempo indeterminato.
- Dovete aumentare il ricorso al lavoro da casa. Il lavoro che può essere svolto da casa deve continuare a essere svolto da casa. Voi avete in passato dichiarato che la moderazione di contenuti non può essere svolta in remoto per ragioni di sicurezza. Se è così, è tempo di cambiare radicalmente il modo in cui il lavoro di moderazione viene organizzato. Dentro Facebook permane una cultura della sicurezza tanto inutile quanto pervasiva. Alcuni contenuti, come quelli relativi a attività criminali, probabilmente devono essere ancora moderati negli uffici di Facebook. Ma il resto del lavoro può essere svolto da casa.
- Offrite una indennità di rischio. Se volete che i moderatori continuino a rischiare le loro vite per proteggere la “community” e il vostro profitto, dovete pagare. I moderatori che lavorano negli uffici su contenuti ad alto rischio (ad esempio, gli abusi sui minori) devono ricevere una indennità di rischio pari a una volta e mezzo il loro attuale stipendio.
- Non esternalizzate più il lavoro. Oggi l’attenzione nei confronti di forme di moderazione di contenuti troppo “aggressiva” è ai massimi livelli. C’è sempre più bisogno del nostro lavoro. Facebook deve internalizzare completamente quest’ultimo, dandoci gli stessi diritti e vantaggi del personale dipendente.
- Offrite una assistenza sanitaria e psichiatrica reale. I dipendenti di Facebook godono di diversi vantaggi, tra cui l’assicurazione sanitaria privata e le visite psichiatriche. Ai moderatori di contenuti, che sono più esposti di altri ai rischi per la salute mentale a causa dei contenuti che devono visualizzare, sono offerti al massimo 45 minuti a settimana di seduta con un “wellness coach”. Questi “coach” non sono psicologi o psichiatri e non hanno la possibilità di elaborare una diagnosi o prescrivere una cura. Solitamente, non possono neppure creare una relazione di fiducia con i moderatori, perché i lavoratori sanno che il management di Facebook (e quello di Accenture, di CPL) chiedono ai “coach” di rivelare dettagli confidenziali sul contenuto delle sedute. I moderatori meritano un supporto mentale e fisico, allo stesso livello degli altri dipendenti di Facebook.
La crisi attuale mostra come il business di Facebook si fondi su una profonda ipocrisia. L’esternalizzazione del nostro lavoro implica che i 35.000 lavoratori che svolgono attività di moderazione dei contenuti siano una realtà esterna, separata dai social media. In realtà, noi siamo così fondamentali per la sopravvivenza di Facebook che ci viene chiesto di sacrificare le nostre vite pur di venire al lavoro.
È tempo di riorganizzare il lavoro di moderazione di Facebook su criteri di uguaglianza e giustizia. Noi siamo fondamentali per Facebook. Meritiamo i diritti e i benefit di ogni altro dipendente dell’azienda.
In attesa di una vostra risposta pubblica,
Andrea
Angela De Hoyos Hart
Ani Niow
Audrey Martin
Aune Mitchell
Azer Gueco
Baris Aytan
Brady Bennett
Cam Herringshaw
Carlin Scrudato
Carlos Ancira
Charles Maxwell
Chris Chan
Christopher Glenn
Claire Sexton
Crystal Chan
Danica Michaels
Daniel Baxley
Daniel Finlayson
Daniel Rezende Fuser
Danille Sindac
Diego Ramirez
Dominick Martinez
Douglas Hart
Erin Donohue
Fletcher West
Hua Hoai Nam
James J. Morrow
Jeremy Calvert
Jess L
Jessica den Boer
John Reese
John Royales McTurk
Jonathan Daniel
Jonathan de la Rosa
Joseph Pouttu
Joseph Sarhan
Joshua Sklar
Katie Adamsky
Kelly Lambert
Kevin Fei
Kevin Liao
Kiara Gaytan
Lucy Yang
Marcus Rodriguez
Maria Sam
Mark Reitblatt
Mayra Ota Coffey
Michael Thot
Mike Vitousek
Naomi Shiffman
Nathan Tokala
Niccolo Coluccio
Nicholas O’Brien
Nick Azcarate
Nick Martens
Noah Korotzer
Nuno Picareta
Palina Andrayuk
Phil Wills
Phillip Shih
Phong Vu
Purnam Jantrania
Raimonds Gabalis
Ramazan Sahin
Rena
Robert Boyce
Ryan Hoyt
Sam Ringel
Sara Valderrama
Sarah Dunn
Shom Mazumder
Steffan Voges
Stephanie Marina
Stuart Millican
Tariq Yusuf
Thi Cat Tuong Trinh
Tina Wall
Tom G
Tristam MacDonald
Vahid Liaghat
Vitor Cordeiro Pileggi
Zoya Waliany
(e altri 248 moderatori di contenuti che hanno sottoscritto questa lettera in forma anonima)
Fonte originale: Foxglove.org.uk.
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