GLocal 2012, a lezione da Varese News

80.000 utenti unici al giorno, 36.000 fan su Facebook, 3.900 follower su Twitter e nuovi progetti di espansione. Dal 15 al 17 novembre 2012 tutti i grandi e piccoli attori del giornalismo online erano a Varese – al GLocal Festival – per andare a lezione da Varesenews. Il sito d’informazione che in Italia fa scuola nel mondo dell’informazione iperlocale. Potevo perdermelo?

Il nuovo I-Phone. Per Varese News, gli accessi da device mobile sono arrivati al 12% del totale in meno di due anni (Foto di cc shapeshift/flickr)

Quei barbari del Corriere. Lo ha detto Daniele Manca, vicedirettore del Corriere della Sera. Lo hanno ripetuto, qualcuno a denti stretti, tutti gli speaker presenti alla tre giorni di conferenze e workshop (leggetevi il programma completo).

Essere presenti in una comunità specifica, come fa Varesenews, non è facile. Noi del Corriere – ha ammesso Manca – siamo visti come dei barbari. Quando abbiamo aperto le pagine locali di Brescia e Bergamo, abbiamo fatto di tutto per non presentarci come Corriere della Sera“.

Rileggendo oggi i miei appunti, ricordo di aver sottolineato più volte le parole di Pier Vittorio Buffa, responsabile dei giornali locali del Gruppo Espresso: “nelle ultime due settimane, metà dei 500 giornalisti in forza alle redazioni locali ha lavorato direttamente sul sito online – pochi o molti? non ce lo dice, ma c’è chi l’ha capito – Il giornale locale non può più vivere nel suo mondo di prima. Come se un giornalista di nera decidesse di non passare più dai Carabinieri. Se una redazione locale vivesse davvero nella Rete, estenderebbe a dismisura il numero dei corrispondenti, di cui il giornalista diventerebbe l’ancora, il punto di riferimento, acquisendo una forza che va ben oltre la sua testata“.

Territorializzazione o espansione? Parole troppo lunghe per una conferenza. Quel che è certo, è che anche i grandi gruppi nazionali stanno reagendo all’iniziativa dei più piccoli.

Il lettore passa dai social network. Seduto in mezzo a direttori, caporedattori e nuovi oracoli del web journalism, Marco Giovannelli, direttore di Varesenews, se la rideva con il suo I-Phone perennemente in mano.

Il nostro giornale fa numeri importanti con contenuti che arrivano direttamente dalla comunità – ha detto, tra un tweet e l’altro – Come il video pubblicato da Repubblica sui lacrimogeni lanciati dal Ministero di Giustizia. Lentamente anche le home page dei giornali perderanno la loro importanza, perché la notizia sarà raggiunta direttamente dai social network“. E a guardare la loro pagina Facebook, con un numero sorprendentemente alto di commenti, si può immaginare quello che Giovannelli ha in mente per il futuro.

Quanto sono importanti i social network per un giornale locale? Quanto tempo deve dedicarci un redattore web?

C’è chi dice che sono un po’ come la piazza del paese. Il luogo – virtuale – in cui raccogliere notizie, umori e commenti di quelli che potrebbero diventare i lettori più costanti.

Per Luca Testoni, di Etica News, “Il giornalista del futuro non sarà solo quello che sfrutterà Twitter, ma anche quello che saprà controllarlo, smontarlo, svelare cosa c’è dietro“. Nell’attesa, si può cominciare da soli a usare Tweriood, Tweetreach, Trendsmap, Tweetstats, Twittaquitta. Ho da studiare per i prossimi  venti giorni (o anni?).

I tre in camicia azzurra. Non potevano mancare Lettera 43, Linkiesta e Il Post. Rappresentati rispettivamente da un direttore, un caporedattore e un giornalista. Tutti e tre con la camicia dello stesso colore. Tutti a difendere le loro statistiche di Google Analytics, che sarebbero più elevate di quelle dell’Audiweb.

Sono riuscito a distinguerli l’uno dall’altro solo quando hanno risposto alle domande. Paolo Madron, di Lettera 43, per il momento il primo in classifica, che allungava braccia e mani tese verso gli altri due concorrenti nella speranza di fare “massa critica” insieme. Per gli inserzionisti o per i lettori, non fa troppa differenza.

Jacopo Barigazzi, di Linkiesta, ha difeso tenacemente la scelta di puntare tutta (o quasi) la potenza di fuoco del giornale in grandi inchieste sui potentati economici e finanziari italiani, spiegando che con queste specificità il suo non diventerà mai un giornale da “milioni di lettori”. Dal Post, nulla di nuovo: sperimentano ogni giorno, ma la formula magica per Facebook e Twitter non l’hanno scoperta neanche loro.

Digitale è un modo di pensare. Sembra un slogan, non lo è ancora. Lo ha detto Claudia Vago, “tigella” per chi l’ha conosciuta sulla Rete, e potrebbe diventare una sorta di “giuramento d’Ippocrate” dei giornalisti che si ispireranno a Varesenews: “digitale è un modo di pensare alle miriadi di connessioni che ciascun frammento di una storia può creare con qualunque altro, e dare la possibilità al lettore di ricostruire il tutto“.

A dir la verità, uscendo da GLocal per guidare a vista nel traffico autostradale in direzione di Milano, mi è rimasto qualche dubbio irrisolto. E non solo perché non ho potuto seguire tutto, con una sola giornata a disposizione e metà delle conferenze in contemporanea.

Tante auto nel traffico. Mi è sembrato che, anche in questo Festival, il giornalismo locale sia stato ancora una volta messo in secondo piano. I grandi nomi sono venuti a lezione, ma solo per salire in cattedra. I giornali iperlocali erano presenti, a tanti di loro è stato dato lo spazio di presentarsi (io ho seguito le storie di Mbnews, Lecconotizie, Catanzaroinforma, Pisanotizie, Viveresenigallia, Castellinews, Ok!Mugello, Ponenteoggi) ma in sedi minori del Festival. Con un pubblico più caloroso e partecipativo, ma per forza di cose ridotto. Perché tutti – e il sottoscritto non è stato da meno – volevano vedere le “star”.

Un po’ come tante auto nel traffico. Si guida, si spinge sull’acceleratore per arrivare al punto in cui stanno quelli davanti. Con la differenza che i motori sono diversi, i passeggeri sono diversi, e non tutti devono uscire allo stesso casello.

I giornali locali non sono fatti per essere messi a confronto con i più grandi. Semmai, sono questi ultimi che dovrebbero prender spunto dai più piccoli, quando passano metà del loro tempo a inseguire il politico o la politica più in voga del momento.

Dal mio punto di vista, il giornalismo web “glocale” si realizza quando un giornale si identifica pienamente con la sua comunità. Che questa sia concentrata in un quartiere o dispersa in cento chilometri da una costa all’altra del mare, non fa troppa differenza. L’importante è che il giornale diventi il grande testimone, l’autorevole indagatore di tutte le diversità presenti nel suo pubblico di riferimento. Senza risparmiare critiche o inchieste scomode a nessuno.

E’ solo in questo modo che il giornale iperlocale offre un servizio ai suoi lettori. Offrendo loro sulla Rete – quindi in una realtà che di per sé è già diversa rispetto alla solita – una visione spietata e approfondita di quello che li circonda, e della stessa realtà virtuale in cui si trovano a vivere.

“Glocale” significa quindi rimanere presenti sul territorio, senza rinunciare a esplorare quella realtà globale che i lettori vivono ogni giorno sulla Rete.

Jacopo Franchi

jacopo franchi

Autore

Jacopo Franchi

Mi chiamo Jacopo Franchi, sono nato nel 1987, vivo a Milano, lavoro come social media manager, sono autore del sito che state visitando in questo momento e di tre libri sui social media, la moderazione di contenuti online e gli oggetti digitali.

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