Alla ricerca delle “Alternative” a BigTech: intervista al fondatore Andrea Guani

Nel migliore dei mondi possibili un sito come “Le Alternative” dovrebbe essere promosso nelle scuole, sostenuto economicamente e moralmente dalle istituzioni pubbliche, e visto come fonte di riferimento dai numerosi giornalisti, attivisti e critici delle Big Tech. In attesa che questo scenario si concretizzi, il sito rimane l’espressione più evidente di un progetto coraggioso costruito su base volontaria, che rifiuta qualsiasi banner AdSense o referral di Amazon e si sostiene tramite donazioni. Il progetto comprende un blog, due popolose community di Telegram (di cui quella generalista con quasi 3.000 iscritti) e un forum sempre più popolato di discussioni, informazioni e spunti che si traducono spesso in articoli.

Nato su iniziativa di Andrea Guani che – come dichiara in questa intervista – si è reso conto a un certo momento della sua vita di non potersi più fidare ciecamente dei servizi digitali forniti dalle maggiori aziende tecnologiche, “Le Alternative” è diventato oggi un progetto collettivo che va a coprire uno spazio lasciato libero sia dall’informazione generalista, sia da quella specializzata in tecnologia: ovvero la ricerca di servizi alternativi a BigTech che comportino un minimo investimento di tempo, soldi e competenze da parte degli utenti non esperti, con l’obiettivo di aiutare le persone a sottrarsi alle forme più aggressive di profilazione online. Ne ho parlato – sia pur solo tramite mail – con il fondatore, che non si è letteralmente risparmiato dal punto di vista delle spiegazioni, come è solito fare anche sul sito.

le alternative blog
Uno screenshot del blog “Le Alternative” fondato da Andrea Guani (giugno 2024)

1. Andrea, qual è stato il percorso che ti ha portato alla creazione del blog Le Alternative?

Sono sempre stato il classico “amico smanettone” al quale chiedere un favore, e questa mia caratteristica è ancora fondamentale per inquadrare il modo in cui cerco di presentare sul blog alcuni argomenti complessi in forma semplice. “Le alternative” nasce, tuttavia, da un’esigenza soprattutto personale: anni fa ho capito, con colpevole ritardo, che Google non era un’azienda così “buona” come voleva farci credere. È stato quello il mio momento “Fantozzi” (N.d.R.: il link rimanda a un front-end alternativo per YouTube), mentre fino a quel momento ero sempre stato, come molti, abbastanza apatico sul tema.

2. Di che cosa parla Le Alternative? Quali sono gli argomenti che affronta, e quali quelli che hai deciso di non affrontare o di affrontare solo in futuro?

Le Alternative è un blog che cerca di presentare alternative etiche alle Big Tech. Vuole essere un punto di ingresso nel mondo della tecnologia e non un blog di approfondimento. Spiega come allontanarsi da Google o da Meta senza avere alcuna conoscenza tecnica. Il percorso che le persone fanno con Le Alternative è quello di allentare la presa della profilazione commerciale (e spesso politica) da parte delle aziende, anche se questo non porta necessariamente a diventare “invisibili” in Rete. Alcuni, infatti, possono fare confusione tra le due cose, e mi è capitato in passato un lettore che si è lamentato del fatto che Signal chiedesse un numero di telefono per la registrazione. È sicuramente una richiesta sgradevole, ma in cambio l’app assicura la protezione delle proprie conversazioni e dei metadati.

Il percorso che le persone fanno con Le Alternative è quello di allentare la presa della profilazione commerciale (e spesso politica) da parte delle aziende, anche se questo non porta necessariamente a diventare “invisibili” in Rete

3. Qual è il tuo approccio per mostrare alle persone l’esistenza delle “alternative” a BigTech?

Il blog non vuole affrontare tematiche troppo tecniche né spiegazioni eccessivamente complesse, bensì semplificare il più possibile i concetti proponendo per lo più esempi pratici. Proponendo alternative etiche, inoltre, cerco di non fossilizzarmi sul solo software libero ma di informare anche su possibili alternative ad Amazon o come scegliere un hosting che utilizzi solo energia verde, e via di questo passo.

Un articolo del blog “dedicato ai servizi alternativi e decentralizzati a Google Drive.

4. Qual è la difficoltà di parlare di alternative per lo più etiche, e non “solamente” di alternative open source e basate su software libero?

Io penso che discussioni come quelle che prendono piede nelle comunità di specialisti e tecnici annoino, spaventino e fondamentalmente interessino solo ai pochi del settore. Chi cerca un’informazione su come liberarsi di Gmail spesso vuole risposte semplici e concrete, senza perdersi troppo nei fondamentalismi tecnici e senza sentirsi dire che l’unica alternativa possibile è quella di “farsi il proprio server”. Cerco quindi di presentare delle alternative che principalmente siano semplici da utilizzare e che siano alla portata di tutti, spiegando difetti e pregi di ogni singola applicazione e servizio. Cerco poi di approfondire il più possibile la storia delle aziende che propongo, soprattutto se parliamo di alternative di grande impatto.

5. Che cos’è un’alternativa “etica” a BigTech, secondo te?

Un’azienda etica, per quanto mi riguarda, è una che condivide i miei stessi principi di fondo per quanto riguarda la privacy, ad esempio rifiutando di profilare i propri utenti e/o vendere i loro dati a terzi. È anche un’azienda che utilizza dei server ecosostenibili, e che partecipa attivamente alla comunità degli sviluppatori sostenendo progetti open source. Di norma cerco di suggerire software che utilizzino la crittografia end-to-end o a conoscenza zero e, soprattutto per le cose importanti, che abbiano superato e pubblicato degli audit di sicurezza indipendenti. Meglio ancora se pubblicano il codice del loro software, ovviamente.

6. Quali sono “le alternative” più richieste o che maggiormente suscitano l’attenzione dei lettori? E perché proprio queste, secondo te?

Non ho molti dati su questo perché non uso statistiche avanzate. Se guardo ai termini di ricerca con cui le persone arrivano al blog da Google posso dirti che la maggior parte delle persone arriva su Le Alternative cercando il nome del sito, mentre la query più cercata porta all’articolo su “Just Delete Me” che permette di sapere come ci si cancella dai vari siti. Per il resto le altre query portano agli articoli  “Snapdrop“, un’alternativa per scambiarsi file, e “Presearch“, un motore di ricerca decentralizzato di cui ho fatto una recensione tempo fa. Il più letto di sempre è invece quello sulle alternative etiche a Pornhub, e questo ci ricorda quali siano al tempo stesso le “meraviglie” e le priorità di Internet.

Cerco di presentare delle alternative che principalmente siano semplici da utilizzare e che siano alla portata di tutti, spiegando difetti e pregi di ogni singola applicazione e servizio

7. quali sono invece le alternative meno richieste, e quali sono quelle in crescita rispetto al passato?

Non ci sono, purtroppo, gli articoli a cui tengo di più e che aggiorno più spesso come quello sulle alternative a Google Drive e a WhatsApp, o sulle differenze tra Whatsapp, Signal e Telegram citato nella newsletter Guerre di Rete di Carola Frediani. Sul gruppo Telegram, invece, vanno per la maggiore le richieste di alternative che ancora non esistono, come quelle relative ad Android Auto e Google Wallet, mentre ultimamente si parla spesso di alternative a ChatGPT o simili. Molti, infine, vogliono liberarsi dei servizi di Google sullo smartphone con sistemi alternativi oppure semplicemente togliendo la sincronizzazione sul proprio smartphone.

8. Quand’è che una persona non tecnica comincia ad andare alla ricerca di “alternative”, e che cosa frena molti dall’andare fino in fondo nell’adottare queste soluzioni?

Non ho ancora ben capito quali siano i meccanismi che portano una persona alla ricerca di altri servizi, perché ci sono tantissime variabili in gioco. In generale, è importante comprendere che il problema non è avere qualcosa da nascondere, come spesso si pensa erroneamente, bensì il fatto di non volersi mostrare perché non c’è nulla da mostrare. Quando “si inizia”, poi, consiglio generalmente è di fare le cose un po’ per volta, senza fretta. Spesso chi scopre queste alternative vuole poi avere tutto e subito ma, dopo aver passato 20 anni con Google e tutti i suoi servizi, non ci si può staccare un giorno all’altro: gli altri servizi seguono logiche diverse e per questo  motivo è importante decidere con esattezza che cosa si vuole cambiare e concentrarsi su quello fino a quando non si è finito prima di passare ad altro, soprattutto se non si è particolarmente esperti. Ad esempio, se voglio che le foto dei miei figli vengano viste solo da me posso utilizzare Ente Photos che è un’alternativa con crittografia a conoscenza zero: nemmeno volendo gli autori del progetto potrebbero analizzare le foto caricate.

le alternative

9. Come fare a distinguere tra le alternative affidabili, e quelle invece che si dichiarano a parole diverse ma nei fatti replicano le stesse logiche delle BigTech?

Molte persone soffrono l’infodemia che c’è su questo tema, mista alla disinformazione e al complottismo. Molti, infatti, si demoralizzano quando decidono, per esempio, di passare a Signal e poi leggono “su qualche blog” che “Signal è della CIA” o qualcosa di simile. Quello che cerco di fare su Le Alternative è proprio quello di dare solo informazioni serie e verificate. Se scrivo che Google legge e analizza i dati dei servizi utilizzati è perché è letteralmente scritto nella loro Privacy Policy. Su Le Alternative non troverai invece mai scritto che WhatsApp legge i messaggi scritti perché c’è la crittografia end-to-end e questo fatto non è mai stato provato. Cerco quindi di fare una cernita delle notizie vere dalle sole supposizioni, evitando allarmismi e complotti. Rimane, ovviamente il ragionevole dubbio sul rispetto che alcuni servizi hanno nei confronti dell’utente: Google fino al 2017 analizzava e usava le email per fare targeting pubblicitario, ci si può ancora fidare di un’azienda simile?

“È importante comprendere che il problema non è avere qualcosa da nascondere, come spesso si pensa erroneamente, bensì il fatto di non volersi mostrare perché non c’è nulla da mostrare”

10. Quali sono le alternative che faticano a imporsi a livello di massa?

Se vediamo i numeri ti direi un po’ tutte, purtroppo. Seppur in forte crescita, siamo ancora molto lontani dal riuscire a scardinare i monopoli o i duopoli. Firefox, ad esempio, nonostante alcune scelte opinabili avrebbe bisogno di più attenzione perché la sua eventuale morte porterebbe i browser a un vero e proprio duopolio tra Google ed Apple. Ci sono alcune realtà proprio del mondo Alphabet che vivono ormai principalmente di rendita del nome e non perché siano effettivamente le migliori, come ad esempio Google Search: penso che ci si sia sostanzialmente abituati al fatto che sia diventato brutto sia a livello estetico che a livello di risultati.

In base a quello che vedo intorno a me praticamente nessuna alternativa si è imposta tra le persone “comuni”, quantomeno in Italia. Io, nonostante gestisca Le Alternative, tendo a non “predicare”, perché ho notato che le persone sono più portate ad ascoltare quando sono loro a fare delle domande e non quando sono gli altri a proporgli delle alternative non richieste. Anche per questo motivo se mi chiedono di mandare un file utilizzo Tresorit Send al posto di WeTransfer, anche solo per stuzzicare la curiosità altrui.

11. Qual è, secondo te, la prospettiva di crescita dei servizi alternativi?

Dipende dal tipo di servizi. Per quel che riguarda le attività commerciali, come ad esempio Proton, la più grande differenza con quelli mainstream è il fatto di essere a pagamento, mentre gli altri si ripagano con i nostri dati e manipolando, quando possibile, le nostre opinioni. Purtroppo per questi servizi c’è poco da fare e in un momento di poca crescita economica le persone sono decisamente poco propense nello spendere soldi per un servizio che ora utilizzano gratuitamente. I servizi gratuiti invece, come Signal al posto di WhatsApp, secondo me possono prendere fortemente piede in Italia solo in caso di scandali molto grossi o di totale inefficienza dell’applicazione dominante.

Purtroppo, sono in generale molto dubbioso e temo rimarrà di nicchia, non per questo è però giusto arrendersi.  Discorso abbastanza simile per quel che riguarda il fediverso dove però vedo un po’ più di attenzione. I social network polarizzano le opinioni e prima o poi ci si stancherà di essere schiavi di questi sistemi e si cercherà inevitabilmente altro. E quell’”altro” potrebbe essere proprio il fediverso dove si respira decisamente un’aria diversa grazie al grande lavoro che fanno amministratori e moderatori. Ci sono poi alternative come DuckDuckGo che sono gratuite ma anche personali. Lì sta soprattutto alla curiosità della persona. Già ora alcune di queste alternative sono a dei livelli molto alti soprattutto per l’utilizzo che ne fa la maggior parte delle persone.

Uno screenshot del forum del sito “Le Alternative” (giugno 2024)

12. Che cosa andrebbe fatto per promuovere il loro utilizzo?

Raramente i servizi alternativi finiscono sui giornali – a differenza delle Big Tech che occupano sempre spazio anche quando non fanno nulla, perché basta il loro nome a portare dei clic – e questo alimenta nelle persone l’idea che esistano solamente Microsoft, Google e Amazon. La cosa più importante, tuttavia, sarebbe che prima o poi queste alternative venissero prese in considerazione dalle scuole pubbliche, dalla Pubblica Amministrazione e dal Governo, ma purtroppo non mi sembra di vedere alcuna luce in fondo al tunnel: viene usato Google o Microsoft anche nelle scuole senza nessuna rimostranza da parte di qualcuno.

Alcuni comportamenti proficui, poi, non vengono nemmeno presi in considerazione da chi fa politica o attività sociali con, teoricamente, gli stessi ideali del software libero.Centri sociali, attivisti, movimenti culturali e sociali hanno spesso esclusivamente una pagina su Facebook o Instagram, tralasciando completamente il fatto che siano dei social network poco etici e ignorando del tutto l’esistenza di Mastodon e simili. Non dico debbano avere come unica presenza il fediverso perché mi rendo conto che la maggior parte delle persone è ancora “da altre parti”. Ma ignorarlo completamente e presentarsi con una Gmail o usare Google Meet o Microsoft Teams per fare un incontro non è del tutto accettabile e penso che alcune di queste realtà dovrebbero prendere atto che la lotta per i propri diritti passa anche dal digitale e dal software libero.

13. Quali sono le motivazioni che ti fanno andare avanti in questa attività?

Può sembrare una banalità ma mi fa un enorme piacere quando leggo di persone che si interessano a questi temi e che mi dicono che grazie a Le Alternative hanno disinstallato WhatsApp o hanno smesso di utilizzare Gmail. Personalmente mi basta questo, anche perché poi spesso le stesse persone sembrano del tutto “sbloccarsi” dall’apatia tecnologica. Si pensa spesso infatti che lo stare “attaccati al cellulare” rendano le persone, soprattutto i più giovani, esperti di tecnologia ma non è così. Spesso e volentieri alle persone serve solamente qualcuno che spieghi loro le cose in maniera semplice, ma ci deve essere una spinta e un interesse iniziale. Qualcosa che in qualche modo stuzzichi la loro curiosità.

Domanda bonus: quali sono “Le alternative” che usa Andrea Guani nella vita di tutti i giorni, e quali vorrebbe usare ma non riesce/non può fare?

Per come sono fatto io ho la tendenza a cambiare spesso le alternative che utilizzo per me, principalmente perché mi piace sperimentare cose nuove. Ultimamente però mi sono un po’ affezionato all’ecosistema Proton per le e-mail, VPN, cloud e password. Utilizzo poi Ente Photos per le fotografie ed Ente Auth e Aegis per l’autenticazione a due fattori. Utilizzo Signal, su cui è stato anche creato un gruppo di Le Alternative, NewPipe per i video e Stealth per seguire qualcosa di Reddit senza avere un account. Per le mappe ho diverse applicazioni tra cui Moovit per i mezzi di trasporto, Here WeGo o Magic Earth come navigatori e Organic Maps per le mappe quando sono a piedi. Come browser avendo il sistema operativo GrapheneOS utilizzo principalmente Vanadium ma ho installato anche Mulch, Cromite e Mull. Per rimanere informato utilizzo ancora i cari e vecchi RSS leggendoli su CommaFeed. Ho poi un profilo separato con installati i servizi di Google isolati dove ci sono dentro due o tre applicazioni che non funzionano senza come, ad esempio, Share Now per affittare le macchine.

Come puoi vedere cerco sempre dei compromessi anche per quello che serve a me. Non ci sono alternative che vorrei utilizzare e che non riesco o non posso a parte quelle di messaggistica, ma per mancanza di persone con cui farlo. Dopo qualche anno, si può dire che sono ormai abbastanza soddisfatto dei risultati ottenuti.

jacopo franchi

Autore

Jacopo Franchi

Mi chiamo Jacopo Franchi, sono nato nel 1987, vivo a Milano, lavoro come social media manager, sono autore del sito che state visitando in questo momento e di tre libri sui social media, la moderazione di contenuti online e gli oggetti digitali.

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