Quella villa del Rinascimento che sprofonda nei campi

Doveva essere una meraviglia a vedersi. La loggia a quattro arcate emergeva nella pianura spoglia al termine del viale. L’archivolto d’ingresso era la porta per il mondo dei ricchi, delle feste, delle cene sontuose da celebrare a tarda primavera. Il glicine secolare, che avvolgeva i pilastri del portico, simboleggiava l’unione mistica tra architettura e natura. Penso ai pellegrini della Francigena, agli uomini senza volto che lavoravano la terra, ai monaci benedettini. Per tutti costoro Villa Visconti di Saliceto di Cadeo doveva apparire come il simbolo di una ricchezza terrena apparsa nello sconfinato nulla dei campi coltivati. Finché nel 1982 l’ultima famiglia che l’abitava se ne andò…

CINQUECENTO ANNI DI STORIA. Non se ne conosce la data di fondazione. In Castelli del piacentino nella storia e nella leggenda, Carmen Artocchini ci dice che la località  in cui sorge la villa, Tornora, a pochi chilometri da Saliceto di Cadeo (Piacenza), era stato infeudata nel 1477 a Pier Francesco Visconti, conte milanese, da parte di Galeazzo Maria Sforza. Gli Estimi del 1558-1576 descrivono la proprietà come un “Palazzo”, costruito sulle mura di un preesistente fortilizio. Chi l’aveva costruita? A che scopo? Quali furono i suoi primi abitanti?

L’ULTIMA FAMIGLIA. Come spesso è accaduto nel corso dei secoli, la storia ha fatto una capriola. Da proprietà signorile, la villa è passata di mano in mano, tra piccoli borghesi in cerca di pace e contadini che non sapevano che farsene di tutto quello spazio.

Nei racconti dell’ultima famiglia che l’ha abitata – i Gallini e Rebecchi di Roveleto – si può leggere in metafora lo sforzo dei contemporanei nel ricevere e salvaguardare la voluminosa eredità del passato. Senza più “famigli”, uomini della servitù, ospiti importanti da accogliere, la villa diventa un peso troppo grande per le spalle di chi la abita.

L’ultima signora, Laura Rebecchi (il cui padre Paolo aveva comprato la villa nel 1923 dal marchese Giovanni Casati), ricorda ancora “le volte grandiose” dei rustici, la cantina imponente, e un “buco misterioso” nel pavimento, che fa pensare al più classico dei pozzi del taglio. C’erano così tante camere, racconta Laura, che la sua famiglia non riusciva a occuparle tutte.

Gli ultimi abitanti portarono l’acqua corrente, l’elettricità, e realizzarono la strada che la collegava al resto del paese di Saliceto. Negli anni ’60, la villa fu colpita in pieno da una violenta tromba d’aria, che spezzò in due i pini secolari del cortile. Dopo 29 anni, anche l’ultima famiglia fu costretta ad andarsene.

LA VILLA OGGI. Gli interni non sono più accessibili da tempo. La corte è stata chiusa al pubblico, per il rischio di crolli improvvisi. La strada di campagna che passava tra la villa e i rustici di fronte è stata spostata di qualche decina di metri: c’è il sospetto che persino il rimbombo dei trattori metta a repentaglio la stabilità delle mura.

Ogni estate la situazione peggiora, a causa della vegetazione invasiva e delle infiltrazioni di acqua piovana tra le fessure dei bracci laterali.

Il primo allarme lo ha lanciato nel maggio 2012 il blog vadarda.wordpress, con il post Il Castello di Tornora… quando c’era. In realtà, la villa conserva ancora intatta la sua struttura originaria.

Le mie considerazioni non sono un esercizio puerile di fantasia, ma  rispecchiano le sensazioni di tutti quei (pochi) che hanno scoperto, quasi per caso, questa meraviglia del Rinascimento. Ma l’abbandono degli ultimi anni sta avvicinando la data in cui non sarà più possibile il suo recupero. E 500 anni di storia se ne andranno così, mattone dopo mattone, sprofondando nella nuda terra. 

jacopo franchi

Autore

Jacopo Franchi

Mi chiamo Jacopo Franchi, vivo e lavoro a Milano come social media manager specializzato in comunicazione istituzionale, sono autore del blog che state visitando in questo momento e di due saggi sul presente e il futuro del digitale (“Solitudini connesse. Sprofondare nei social media” e “Gli obsoleti. Il lavoro impossibile dei moderatori di contenuti“), oltre a una serie di articoli usciti per quotidiani e riviste, cartacee e online.

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2 commenti su “Quella villa del Rinascimento che sprofonda nei campi”

  1. grazie per la citazione.
    come ben saprai di tesori perduti è piena la prov di piacenza.
    questo castello abbandonato lo ritengo uno dei “delitti” della memoria più gravi.
    sarebbe ancora possibile recuperare tanta parte ma temo che non ci siano sensibilità e denari.
    Siamo nel paese degli sprechi e … figuriamoci se questo interessa.
    a presto e complimenti per il tuo blog.

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    • Grazie a te Sergio. Vedo questa villa da quando ero un bambino, è una sorta di “idea prima” dell’armonia tra architettura e ambiente. Come nell’ideale rinascimentale.
      I soldi sono sempre stati un problema. Di certo, non ci si può aspettare dai soli privati/proprietari gli investimenti necessari al restauro.
      Ma che manchi pure la sensibilità, l’attenzione verso il proprio patrimonio culturale, dopo tanto parlare di “tutela” e “valorizzazione”, è molto più grave.
      Forse, il fatto che le origini stesse della villa, e la sua storia, siano tutt’ora avvolte nel mistero, è una delle tante cause che ha contribuito al suo oblìo. Non ci curiamo di quello che non conosciamo.

      Spero di poter trovare qualche indizio di più, nei prossimi giorni.

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